Quando si svegliò Tito ebbe la sensazione di essere già stato lì. La campagna circostante, il vialone sterrato e gli alberi che si ergevano lungo il sentiero gli ricordavano i luoghi della sua infanzia. Ed era proprio così. E fu una musica in lontananza a dargliene conferma. Era un vecchio pezzo balcanico che suo nonno Amos era solito ascoltare su quel suo vecchio, gracchiante giradischi del primo dopoguerra da cui non si separava mai. Aveva solo quel disco, e per lui rappresentava il più prezioso dei tesori: "Ricorda Tito"- era solito dirgli- "...nella vita ci sono molte cose da cui possiamo separarci, ma dai ricordi non si sfugge. E tutto ciò che ci aiuta ricordare, aumenta le nostre possibilità di costruire un futuro migliore del nostro passato".
Amos era morto da molto tempo, da quando Tito andò per mare non ancora maggiorenne. Fino a quel momento Tito non aveva compreso quelle parole, ma ora tutto gli sembrava chiaro: per quanto avesse potuto fare o vedere in giro per il mondo, il suo universo, come per suo nonno, era tutto in quella valanga di note est-europee che fuoriuscivano dal cono di quel antiquato riproduttore musicale.
Si mise a correre, attraversò di gran lena il vialone, sorpassò gli alberi e giunse al casolare degli Orti, ormai in stato di abbandono. Urlò a squarciagola il nome di suo nonno, ma non ebbe risposta. Entrò nell'edificio, vide il soggiorno dove sua madre era solita offrire il caffè agli ospiti, e il camino dove a Ottobre si mangiavan le castagne e si ascoltavano le storie di nonna Elsa; completamente avvolti da una coltre di polvere e fuligine depositata dallo scorrere del tempo. Era tutto così spettrale. Tito si accasciò, e non potè fare altro che piangere. Gli venne alla mente che quando partì non salutò nemmeno i suoi cari. Presuntuoso qual'era credeva che non gli sarebbero mai mancati. Ma ora era lì, a casa sua, solo. Solo e avvolto dal rimpianto di non aver mai potuto dire quanto la sua famiglia fosse importante per lui. Aveva sprecato il suo tempo a marcare quelle che lui credeva fossero differenze, piuttosto che valorizzarne le similitudini. Disperato dal pianto Tito finì con l'addormentarsi.
Un ceffone dietro la nuca lo svegliò.
"Alzati figliolo! In tutti questi anni di mare non hai ancora imparato a gestire la tua pigrizia?"
Era Amos! Ed era vivo.
"Guarda che figure mi fai fare! Tutto l'equipaggio della nave è sceso e io sono dovuto salire a prenderti. Dai muoviti! Tua madre ha già preparato il caffè ed Elsa sta scaldando il camino. E' tempo di castagne. E poi, devo farti sentire il nuovo disco che ho comprato, quello vecchio non ricordo più dove l'ho messo".
Alla prossima
Amos era morto da molto tempo, da quando Tito andò per mare non ancora maggiorenne. Fino a quel momento Tito non aveva compreso quelle parole, ma ora tutto gli sembrava chiaro: per quanto avesse potuto fare o vedere in giro per il mondo, il suo universo, come per suo nonno, era tutto in quella valanga di note est-europee che fuoriuscivano dal cono di quel antiquato riproduttore musicale.
Si mise a correre, attraversò di gran lena il vialone, sorpassò gli alberi e giunse al casolare degli Orti, ormai in stato di abbandono. Urlò a squarciagola il nome di suo nonno, ma non ebbe risposta. Entrò nell'edificio, vide il soggiorno dove sua madre era solita offrire il caffè agli ospiti, e il camino dove a Ottobre si mangiavan le castagne e si ascoltavano le storie di nonna Elsa; completamente avvolti da una coltre di polvere e fuligine depositata dallo scorrere del tempo. Era tutto così spettrale. Tito si accasciò, e non potè fare altro che piangere. Gli venne alla mente che quando partì non salutò nemmeno i suoi cari. Presuntuoso qual'era credeva che non gli sarebbero mai mancati. Ma ora era lì, a casa sua, solo. Solo e avvolto dal rimpianto di non aver mai potuto dire quanto la sua famiglia fosse importante per lui. Aveva sprecato il suo tempo a marcare quelle che lui credeva fossero differenze, piuttosto che valorizzarne le similitudini. Disperato dal pianto Tito finì con l'addormentarsi.
Un ceffone dietro la nuca lo svegliò.
"Alzati figliolo! In tutti questi anni di mare non hai ancora imparato a gestire la tua pigrizia?"
Era Amos! Ed era vivo.
"Guarda che figure mi fai fare! Tutto l'equipaggio della nave è sceso e io sono dovuto salire a prenderti. Dai muoviti! Tua madre ha già preparato il caffè ed Elsa sta scaldando il camino. E' tempo di castagne. E poi, devo farti sentire il nuovo disco che ho comprato, quello vecchio non ricordo più dove l'ho messo".
Alla prossima
I vostri Charlatani esopocizzati
Nessun commento:
Posta un commento