domenica 27 aprile 2014

SIETE FICHI!

Chiariamo subito una cosa: gli addii si danno solo ai funerali.
E qui siamo di fronte ad un altro tipo di funzione. Sempre un saluto, ma decisamente meno estremo. Si sarebbe potuto dire che questo è un semplice arrivederci, ma non siamo mai stati dei tipi convenzionali, tanto meno dei soggetti etichettabili in un genere o in uno stile ben preciso. Per cui manterremo anche stavolta questo approccio, restando fedeli alla nostra natura di anti-conformisti della forma; che di per sè è una convenzione anche lei, ma hey! Se proprio si deve essere convenzionali, tanto vale esserlo con se stessi e basta! (Oh yeah). Ci sono fior fior di filosofi dell'antica Grecia che probabilmente si staranno rivoltando nel limbo (dato che Dante ce li ha messi li, in virtù del loro stato di non battezzati; e che per tal motivo non hanno una tomba in cui perpetuare giri su stessi a mo' di turbina di una centrale idroelettrica) per affermazioni di questo tipo, ma poco male: noi tifiamo per il Maestro Oogway o per il Maestro dei Cinque Picchi. Quindi Socrate, Platone e compagnia bella se ne facciano una ragione. D'altro canto, se non se la fanno loro che sono filosofi...
Comunque,detto in parole povere: i Charlotte Bean non smettono di esistere in qualità di entità artistica individuale o collettiva, ma ridimensionano in maniera rilevante il loro modo di interfacciarsi al pubblico, un pò come fecero i Beatles dopo il 1965...
Per cui, sia che siate tra quelli a cui in questi anni sia importato almeno un po' di questo scanzonato progetto, che tra coloro a cui il nome Charlotte Bean proprio non gli dice niente, sappiate che d'ora in poi se e quando ci saranno dei live in futuro, questi saranno da considerarsi come veri e propri pezzi unici destinati ad essere ricordati come eventi storici (storia locale, ma pur sempre storia) tipo il triangolo Eva+Serpente+Adamo o lo scudetto dei vigli del fuoco di La Spezia nel Torneo di guerra Alta Italia del '43-'44. Per cui varrà la pena esserci. Quantomeno per il più classico degli "Io c'ero" da dire ai nipotini...

Il dominio Charlottebean.org è già da qualche giorno disponibile al più affezzionato degli estimatori (casomai voglia tenersi un feticcio digitale di cotanta band), dato che sono scaduti i termini di rinnovo del provider e che ciò ha coinciso con quanto espresso finora; quindi con la più assoluta tranquillità e la più serafica rilassatezza vogliamo approfittare dell'occasione per porgervi i nostri saluti e per ringraziarvi tutti, nessuno escluso (anche i cani...) dell'affetto, del supporto, dell'interesse, della stima, del calore e (perchè no?) anche dell'indifferenza riversataci in tutti questi anni. 
Siete Fichi!
Continuate così.

Alla Prossima!
I Vostri Charlatani.

P.S: Dimenticavamo, in virtù di quanto detto finora, ci piacerebbe festeggiare i tre lustri di esistenza con un buon live. Tenetevi liberi per il 10 Ottobre. Vi terremo aggiornati.

P.P.S: In allegato troverete una piccola storia che, nonostante un velato decadentismo, riassume in poche righe quello che è il succo di quanto sia stato costruttivo, affascinante e poetico essere stato ed essere un Charlatano Errante.

Al-Hell-U-Ja!
Alle-Luja!








TRAMONTO A CALAIS

Galvanizzati, entusiasti, rilassati, intorpiditi; con le gambe rattrappite, la gola secca e la saliva acida tipica di quando si schiaccia un pisolino in macchina. In una parola: felici.
Eravamo felici quel giorno. Ci sentivamo bene, stavamo insieme e fissavamo il tramonto sulla spiaggia.
Avevamo viaggiato per tutto il pomeriggio lungo la strada che dal Belgio porta in Francia, con lo scopo di vedere un po' di costa prima di raggiungere Parigi.
La scelta era caduta su Calais quasi per gioco. Un po' perché si prestava comoda al tragitto, e un po' perché ci affascinava l'idea di andare a visitare un posto di una certa rilevanza storica, almeno per quanto riguarda gli ultimi 100 anni del lato più occidentale dell'umanità. Fu da qui infatti che il 25 Luglio 1909 Louis Blériot decollò per eseguire la prima trasvolata della Manica a bordo di un bi-plano di sua produzione; e sempre da qui la storia fu testimone di una delle più imponenti azioni militari di sempre: lo sbarco in Normandia.

D, E, G, M ed io ora ci trovavamo lì. Magari non proprio nei punti esatti dove ebbero luogo tali fatti; ma comunque lì, nella circoscrizione geografica e nella zona toponomastica di riferimento.
E nel nostro trovarci lì avevo la sensazione, la percezione, una sorta di nostalgica vibrazione, che quel tramonto all'orizzonte celasse sornione dei risvolti allegorici con il presente, con il passato e in qualche modo anche con il futuro della nostra storia comune.
Eravamo al giro di boa della vacanza che avevamo deciso di fare per auto-celebrarci e per sancire con “stile” il nostro personale “passaggio all'età adulta”; e da lì in poi saremmo stati DAVVERO più vicini alla fine della festa.

Davanti al mare si fanno di questi pensieri. Soprattutto quando come contorno si ha la spiaggia di una perla sporca e malinconica come è Calais.

Era un pensiero fugace, ma come tutte le cose fugaci anche lui ha agito sull'inconscio più di altre formulazioni mentali o immagini con cui “coloriamo” la nostra quotidianità; ed oggi, a meno di ventiquattro ore dal ritorno, nel far mente locale di quanto e cosa sia stato fatto negli ultimi sette giorni, mi è nitido più di altri il ricordo dei piedi scalzi di E sulla spiaggia, dell'impeto fotografico di G con la spiaggia stessa, dell'odore di nafta e salsedine che saliva dall'acqua e delle “urla” e degli occhi dei gabbiani. Prima e dopo ci sono stati luoghi e momenti altrettanto importanti ai fini della costruzione di un “itinerario memorabile” per cinque amici intenti a trascorrere del tempo insieme (l'abbazia di Westvleteren, Parigi e gli amici di vecchia data di stanza in Francia, Anversa, Bruxelles, Eindhoven, Waterloo, i lampioni di Tilburg...), ma attimi di sottile intensità introspettiva come questi hanno un valore diverso. E forse è proprio per questo che finiscono col lasciare maggiormente il segno: ti sorprendono. Perché riaffiorano sempre quando meno te lo aspetti. E perché è lì che si nascondono dispettosi gli elementi del più classico degli impressionismi romantici a cui anche il più freddo degli “uomini ice-berg” può restare prima o poi assoggettato.
Calais non è stata sicuramente la tappa più suggestiva per logistica ed offerta mondana, ma sicuramente è il luogo in cui ci è stato modo di vedere come sia possibile chiudere un ciclo con eleganza e senza troppi filtri o magie.
Basta un lento fade out offerto costantemente da madre natura.

È stato un viaggio durato quasi quindici anni, abbiamo provato a raggiungere l'aurora boreale, ma ci siamo imbattuti in un tramonto più a sud del necessario; e ci siamo fermati a gustarlo.

Dire che “è giusto così” sarebbe un torto alle aspettative del passato, ma non dirlo sarebbe un'offesa alla disponibilità del presente.
Per cui meglio non dire niente, poiché è solo al futuro che spetta l'ultima parola...

Diciamo solo che eravamo felici quel giorno; che ci sentivamo bene, che stavamo insieme e che fissavamo il tramonto sulla spiaggia.
Tutto qui.

 












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