Il nostro breve viaggio nel mondo del diritto d'autore è arrivato al suo epilogo. Ringraziamo quindi Antonella de Robbio per la disponibilità e la meticolosa precisione delle sue risposte; e ci auguriamo che quest'iniziativa sia stata utile a tutti coloro che, come noi, abbiano il piacere di divulgare la propria arte senza paura di plagi o "furti".
- Credi che oggi il mondo del “diritto d'autore” sia al massimo della sua evoluzione, oppure c'è qualcosa che, secondo te, valga la pena di considerare per migliorarlo?
Il diritto d’autore è alla fine secondo me. La possibilità che le idee originali degli autori, contenute nei documenti, possano liberamente circolare è una funzione di rilevanza sociale che rientra nei diritti dell'uomo, ci dice Tito Ballarino per anni ordinario di diritto internazionale all’Università di Padova. Per citare un altro giurista, Andrea Rossato, docente di diritto privato comparato e fondatore della prima rivista giuridica europea interamente on-line (The Cardozo Electronic Law Bulletin) si occupa da anni di diritto delle nuove tecnologie ed analisi economica del diritto, da tempo parla di “morte del diritto d’autore”.
In effetti non ha tanto senso riferirsi ad un sistema radicato in un contesto sociale, economico e culturale ormai vecchio e inadeguato. Le norme che regolano il diritto d’autore non sono adatte al contesto ormai evolutosi e tuttora in evoluzione. Mentre per i brevetti la normativa si è adeguata al contesto economico, anche se con dei correttivi solo recentissimi (ultime settimane), per il diritto d’autore dovremmo cambiare rotta. L’Open Access è un modello, per l’ambito scientifico. Vanno studiati nuovi modelli di business che considerino i nuovi scenari tecnologici come un’opportunità e non come una minaccia. La dematerializzazione di molte componenti delle attività economiche (beni e servizi) dei paesi avanzati comporta necessariamente una rivisitazione dei modelli economici che interagiscono con la proprietà intellettuale. Il fenomeno della “lunga coda” ne è un tipico esempio.
Il diritto d’autore è frutto del contesto sociale, culturale ed economico in cui è incardinato e quindi al mutare di questo tessuto socio-culturale ed economico mutano le condizioni, è una sorta di patto sociale.
In un “vecchio” libro del 1997 che all’epoca fece molto scalpore - mi riferisco a Digerati: dialoghi di John Brockman – e che raccoglie una serie di interviste con gli artefici della nuova frontiera elettronica l’autore dice che nei secoli, la vita intellettuale è stata caratterizzata dal fatto che solo una cerchia ristretta di persone ha avuto il privilegio di pensare per tutti gli altri. Quello a cui assistiamo oggi è un passaggio epocale di consegne da un gruppo di pensatori, quelli che abbiamo chiamato letterati, a un nuovo gruppo: gli artefici della terza cultura. Chi sono questi nuovi intellettuali? I Digerati, un neologismo gergale composto dall'inglese digital e dal latino litterati oppure da digital e glitterati (gente alla moda), indicante i protagonisti della rivoluzione digitale e della nuova cultura informatica alla base di Internet.
Nel libro di Brockman i digerati intervistati ci raccontano come la proprietà intellettuale, intesa come copyright, nel tempo andrà sempre più affievolendosi fino a sparire entro le piattaforme del cyberspazio che vendono servizi a valore aggiunto. Modelli economici che saranno sempre più orientati all’acquisto di servizi piuttosto che di contenuti e quindi il concetto di proprietà intellettuale nel senso di copyright sparirà per lasciar posto a servizi personalizzati e ritagliati sull’utente o su categorie di utenti. E’ un fenomeno al quale stiamo già assistendo da tempo, a seguito della nascita nuove piattaforme multilaterali nel mercato economico dei servizi come Google per esempio che si sostiene grazie alla pubblicità.
Non va nemmeno trascurato il fenomeno legato all’avanzare delle reti sociali, al cosiddetto web 2.0 dove i diritti possono assumere forme diverse, sfiorando aspetti correlati alla tutela dei dati personali, alla privacy o alla gestione di diritti della collettività orientati al marketing.
Insomma, sono convinta che l’attuale modello su cui oggi si basa il sistema a diritto d’autore non potrà reggere molto, non lo considero quindi un sistema in evoluzione, ma in regressione. Non so se vi sarà un modello normativo oppure se il libero mercato stabilità meccanismi di auto-regolamentazione nei vari contesti.
-Parlaci anche un po' di te e dei tuoi progetti futuri.
Da tempo non mi definisco più “bibliotecaria”, bensì “specialista dell’informazione”, la rete è il mio spazio di libertà. Non essendo una “nativa digitale” per usare un termine alla Wired, mi considero comunque una “Digerata”, non di certo una immigrata digitale anche se sono cresciuta professionalmente prima delle tecnologie digitali e le ho adottate in un secondo tempo.
Non c’è tanto altro da dire.
Di progetti molti, e nascono dall’entusiasmo per la mia professione, che “curo” da oltre 30 anni, e dalla curiosità di scoprire cose sempre nuove. Il mio timore è di rimanere indietro, devo non solo guardare avanti, ma essere avanti “virtualmente”.
Avere un progetto significa avere uno scopo, questo vale sia per i progetti di “vita” sia per quelli “professionali” ma per chi si definisce “ricercatore” nel senso ampio del termine, spesso le due strade si sovrappongono.
I miei progetti sono progetti collaborativi, entro il gruppo italiano Open Access, dal mio team in E-LIS, l’archivio aperto internazionale per la Library and Information Science che ho messo in piedi nel 2003 insieme ad un gruppo di professionisti di vari Paesi, dalla redazione di AIB l’Associazione Italiana Biblioteche, e da quella di AIDA l’Associazione Italiana per la Documentazione Avanzata. Gli obiettivi dei progetti che mi frullano in testa, sempre nuovi, sono condivisi e tesi allo sviluppo di strumenti per il diritto di accesso all’informazione, per una scienza e cultura senza barriere, perché non c’è crescita senza condivisione.
- Grazie per la tua disponibilità. C'è qualcosa che non ti abbiamo chiesto e che terresti di poter dire?
Sì, vorrei aggiungere che credo molto nelle nuove generazioni e che nutro una grande fiducia per quello che i ragazzi di oggi riusciranno a cogliere di buono da questo momento di transizione, utile a costruire mondi interconnessi in spazi mentali aperti ed accoglienti.
Alla prossima!
I Vostri Charlatani Tutelasticizzati
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